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Cementazione convenzionale o adesiva? Una linea guida

Una linea guida sull’uso dei materiali contemporanei

Nei casi di riabilitazione mediante protesi fissa, la ritenzione rappresenta un fattore critico per il successo a lungo termine, in quanto la perdita di ritenzione della corona è una delle principali cause di insuccesso dei restauri singoli e delle protesi fisse (FDP) (1, 2). I principali fattori da considerare, se si vuole garantire un’adeguata ritenzione del manufatto, sono tre: la preparazione del dente, il materiale utilizzato per il restauro e il cemento.

 

Preparazione del dente

La fase di preparazione del dente presenta alcuni aspetti importanti cui va prestata particolare attenzione, come l’altezza, l’angolazione e la texture superficiale del moncone dentale, questo allo scopo di ottenere una forma di ritenzione e di resistenza che conferiscano al restauro la stabilità necessaria per resistere alla dislocazione e alla conseguente perdita del manufatto (3). La forma di ritenzione ha la funzione di contrastare le sollecitazioni di trazione, mentre la forma di resistenza quella di opporsi alle sollecitazioni di taglio (4).

Per ottenere forme di ritenzione e di resistenza sufficienti per le corone a giacca (a copertura totale), l’altezza del dente pilastro dovrebbe misurare non meno di 4 mm e l’angolo di convergenza ottimale dovrebbe essere compreso tra 6 e 12 gradi, con un valore massimo di 15 gradi (1, 5-8).

 



Materiali per l’odontoiatria restaurativa

Il costante arrivo di nuovi materiali per restauri sul mercato dentale rende ancora più importante conoscere in dettaglio le diverse proprietà meccaniche offerte da ciascuno di essi. La composizione e le caratteristiche superficiali del materiale, infatti, ne determinano la capacità meccanica e/o chimica di aderire al restauro e di conseguenza di garantire la necessaria ritenzione.

 

Cemento dentale

La funzione del cemento è garantire la connessione tra il dente e il restauro. Una corretta adesione del restauro indiretto è un elemento cruciale ai fini del successo a lungo termine del trattamento, in quanto incide in misura determinante sulla ritenzione della ricostruzione e sulla chiusura ermetica del gap tra dente e restauro. Tutti i cementi dentali, anche se classificati in modi diversi, possono essere raggruppati in due macro-categorie, in base alla loro capacità di aderire chimicamente a substrati diversi: cementi convenzionali, come quelli al fosfato di zinco, quelli vetro-ionomerici e quelli vetro-ionomerici modificati con resina e i cementi adesivi. Quelli più utilizzati e meglio documentati sono i cementi resinosi compositi adesivi.

I cementi resinosi compositi possono essere ulteriormente suddivisi, in base alla loro composizione chimica, in cementi resinosi adesivi tradizionali e cementi resinosi autoadesivi, che differiscono anche dal punto di vista della tecnica di utilizzo. I cementi resinosi tradizionali (full-adhesive) richiedono un pre-trattamento della struttura dentale e del materiale restaurativo, mediante tecniche adesive separate. E’ questo mix tra cemento resinoso e sistema adesivo che crea un legame chimico forte e di lunga durata.

Allo scopo di semplificare la procedura di adesione ed eliminare la necessità di utilizzare più componenti diversi, i cementi resinosi autoadesivi rappresentano una buona scelta per la pratica quotidiana di uno studio con alti volumi di lavoro, perché garantisce un’adesione affidabile con un’unica, semplice, applicazione del cemento, generalmente senza necessità di un primer aggiuntivo o di un sistema adesivo separato.

Tuttavia, l’ampia disponibilità di tipologie di cemento diverse potrebbe creare incertezza nel professionista che è chiamato a scegliere il sistema e il metodo di adesione più appropriati. In particolare, considerato il diffuso impiego dei moderni materiali restaurativi di nuova generazione, come la zirconia a elevata traslucenza o i compositi rinforzati, è fondamentale tenere presente che le proprietà di questi materiali sono molto diverse da quelle dei metalli o delle precedenti generazioni della zirconia. Di conseguenza, la scelta del sistema di cementazione deve essere ben ponderata, se si vogliono ottenere risultati soddisfacenti e il successo a lungo termine della riabilitazione. In questo articolo gli autori si propongono di fornire al clinico alcune indicazioni per una scelta corretta del sistema adesivo, allo scopo di garantire risultati che incontrino la soddisfazione al tempo stesso dell’odontoiatra e del suo paziente.

Cementazione convenzionale o adesiva?

La scelta tra cemento convenzionale e cemento resinoso adesivo dipende da diversi fattori, i più importanti dei quali sono indicati di seguito:

  1. La forma di resistenza e di ritenzione del dente pilastro.
  2. Le proprietà ottiche e meccaniche del materiale da restauro (resistenza alla flessione e traslucenza).
  3. La semplicità del flusso di lavoro e il rispetto di alcuni requisiti specifici per quanto riguarda l’ambiente di lavoro.

 

1) Forma di resistenza e di ritenzione del dente pilastro

I restauri mini-invasivi, come le protesi dentali fisse adesive (RFDP), le faccette labiali e occlusali e le protesi fisse con ritenzione su inlay, si basano tutti su una forma di preparazione non ritentiva. In questi casi, il sistema adesivo rappresenta l’unico metodo possibile per garantire la ritenzione (9-11).

Anche se in queste preparazioni non è presente alcuna forma ritentiva, il successo a lungo termine dei restauri così realizzati è ben documentato, nei casi in cui è stato utilizzato un cemento resinoso a lunga durata (per es. PANAVIA™ 21, Kuraray Noritake Dental Inc., Japan) e una procedura di bonding appropriata (10, 11).

Ai restauri a copertura totale (come corone e FDP) si applicano le linee guida per la preparazione del dente illustrate in precedenza (altezza minima di 4 mm e convergenza massima di 15 gradi), al fine di garantire la ritenzione e la forma di resistenza necessarie per consentire l’utilizzo di un cemento convenzionale.

Nella realtà, però, questa forma di ritenzione è molto difficile da realizzare, per diversi motivi.

Qualora vi sia stata una perdita considerevole di sostanza dentale, infatti, ottenere l’altezza minima richiesta per il dente pilastro è possibile soltanto mediante una stratificazione (build-up) del moncone eseguita con un materiale apposito. Tuttavia, a volte questo procedimento richiede un tempo eccessivo, in modo particolare per stratificazioni di modesta entità (per esempio 1-2 mm.). Inoltre, incrementare l’altezza mediante la stratificazione del moncone può risultare impossibile, come nel caso di corone cliniche corte e clearance occlusale insufficiente a garantire lo spessore minimo necessario per il materiale restaurativo. In questi casi si rende necessario l’allungamento chirurgico della corona, per aumentare l’altezza del dente senza compromettere lo spazio occlusale necessario, ma ciò potrebbe richiedere un eccessivo dispendio di tempo per il clinico e risultare sgradito al paziente, trattandosi di un intervento chirurgico che prolunga la durata del trattamento.

Per quanto concerne l’angolo di convergenza, diversi studi hanno dimostrato che in realtà, nella pratica clinica quotidiana, l’angolo della preparazione è di gran lunga superiore a 15 gradi (5, 6, 12, 13). Le preparazioni eseguite da medici generici, per esempio, sono state analizzate con metodi digitali e confrontate alle raccomandazioni cliniche, ed è risultato che l’angolo di convergenza medio misurava 26,7°, e quello distopalatale ben 31,7°(12).

Alla luce di tali considerazioni, si può concludere che garantire una ritenzione adeguata nel corso della pratica quotidiana è tutt’altro che facile e di conseguenza la cementazione convenzionale in casi del genere può presentare difficoltà cliniche, in modo particolare nel lungo periodo. Di conseguenza, in questi casi, in alternativa alla cementazione convenzionale, può essere raccomandata la cementazione adesiva (6, 14). Per i restauri a giacca, ove siano previste preparazioni che garantiscono almeno una certa misura di ritenzione meccanica, l’utilizzo di cementi resinosi autoadesivi può essere considerato una buona alternativa, con elevate percentuali di successo clinico. (9, 15)


Conclusioni/Significatività clinica:

  • Per i restauri mini-invasivi non ritentivi è indispensabile l’utilizzo di cementi adesivi tradizionali (full adhesive).
  • Per i restauri con copertura totale, è raccomandato l’uso di cementi adesivi convenzionali o autoadesivi.
  • In caso di preparazione ritentive con altezza minima di 4 mm e angolo di convergenza compreso tra 6° e 12°, si può optare per la cementazione convenzionale o per quella adesiva.

 

2) Proprietà ottiche e meccaniche del materiale restaurativo

La resistenza alla flessione e la traslucenza dei materiali restaurativi sono fattori critici che possono incidere sulla scelta di un determinato tipo di cementazione.

a) Resistenza alla flessione

Un criterio generale, applicabile a tutti restauri in ceramica integrale, è che per le ceramiche con valori di resistenza a flessione bassi o medi, inferiori ai 350 MPa, dovrebbero essere adottate tecniche adesive mediante cementi resinosi compositi, in quanto questo genere di manufatti si basa sul legame con la resina per garantire il rinforzo e sostegno necessario (9, 14, 16). In questa tipologia rientrano le ceramiche ibride, quelle feldspatiche, quelle vetrose e i compositi.

Malgrado sia tuttora aperto un lungo dibattito (9) in merito alla scelta tra cementazione convenzionale e cementazione adesiva per le ceramiche a resistenza elevata, con valori di resistenza a flessione superiori a 350 MPa, diversi studi hanno documentato una maggiore stabilità e resistenza di tutti i tipi di ceramiche, incluse la zirconia e le ceramiche al disilicato di litio, quando si opta per la cementazione adesiva. (9, 17-20).

E’ anche importante considerare che il documentato successo della maggior parte dei cementi convenzionali si riferisce per lo più a restauri realizzati in metallo o con le prime generazioni di zirconia. Nondimeno, il tipo di cemento utilizzato può incidere in misura significativa sul successo clinico delle nuove generazioni di zirconia ad alta traslucenza, caratterizzate da valori di resistenza a flessione notevolmente inferiori (9). Di conseguenza, per garantire il successo clinico a lungo termine e prevenire fratture, occorrerà prestare attenzione allo spessore minimo del materiale e alla tecnica adesiva utilizzata (9).

 

Conclusioni/Significatività clinica:

  • Per la ceramica vetrosa, le ceramiche ibride e i compositi, la tecnica adesiva è un must.
  • Per i restauri in disilicato di litio e zirconia, la cementazione adesiva è fortemente raccomandata.
  • Per i restauri in metallo, possono essere utilizzate sia la cementazione adesiva che quella convenzionale.

 


b) Traslucenza

Per rispondere alla crescente domanda di estetica dei pazienti, il mercato propone costantemente materiali e tecniche nuove che consentono di realizzare restauri dall’estetica perfetta. Questo vale non soltanto per i nuovi materiali restaurativi, ma anche per le innovazioni apportate agli adesivi disponibili. Le ceramiche ad alta traslucenza possono garantire risultati estetici superiori, e per questo motivo la loro popolarità e le loro applicazioni cliniche sono in continua crescita tra i clinici. Tuttavia, per il clinico è fondamentale comprendere che il risultato estetico finale è determinato dalla riabilitazione nel suo insieme, e non dipende esclusivamente dal materiale restaurativo, e che il tipo di cemento utilizzato rappresenta un fattore chiave per ottenere la qualità estetica desiderata.(21-24).

Per tale motivo, si sconsiglia di utilizzare un cemento opaco convenzionale per un restauro ad alta traslucenza, per non rischiare di compromettere il risultato estetico finale. I cementi compositi resinosi sono il materiale di elezione, perché disponibili in tonalità cromatiche e livelli di traslucenza diversi, consentendo al clinico di scegliere il cemento resinoso più adatto a restituire l’estetica desiderata, in funzione sia del materiale e dello spessore della protesi, che del colore del moncone sottostante. Alcuni cementi resinosi compositi offrono paste prova (try-in) che permettono al clinico e al paziente di visualizzare il risultato finale prima della cementazione definitiva, facilitando la scelta della gradazione cromatica più adatta.

 

Conclusioni/Significatività clinica:

  • Per tutti i restauri ceramici traslucenti, sono fortemente raccomandati i sistemi adesivi.
  • Per i restauri in metallo e in zirconia opaca ad alta resistenza, sono adatti sia i sistemi adesivi sia i cementi convenzionali.

 

3) La semplicità del flusso di lavoro e i requisiti speciali relativi all'ambiente di lavoro

La cementazione mediante cementi compositi resinosi adesivi (come PANAVIA™ V5, di Kuraray Noritake Dental) prevede un priming e una mordenzatura a parte, generalmente utilizzando sistemi automordenzanti (come PANAVIA™ V5 Tooth Primer, di Kuraray Noritake Dental Inc.), e un primer per il materiale restaurativo, per esempio un primer universale utilizzabile per substrati diversi, come metallo, ceramica e compositi (come CLEARFIL™ CERAMIC PRIMER PLUS, Kuraray Noritake Dental Inc.). Queste procedure di cementazione sono strettamente dipendenti dalla tecnica utilizzata e non tollerano contaminazioni che potrebbero compromettere la forza di adesione, e di conseguenza richiedono un ambiente orale asciutto ed esente da sostanze contaminanti quali saliva o sangue, e preferibilmente l’uso di dighe di gomma. Per questo motivo, l’impossibilità di mantenere asciutto il campo operatorio, come nel caso di margini della preparazione subgengivali, è considerata una controindicazione per la cementazione adesiva di tipo tradizionale. Peraltro, questo metodo assicura anche una lunga durata dell’adesione, e rappresenta quindi il metodo di elezione per le preparazioni non ritentive minimamente invasive, in caso di protesi fisse adesive (Resin-bonded Fixed Dental Prostheses - RBFDP), faccette labiali e occlusali, e protesi su inlay, in cui la ritenzione dipende in massima misura proprio dall’adesione (9-11).

Eppure, nella pratica quotidiana, quando si tratta di inserire restauri a copertura totale come le corono su denti o impianti e le protesi fisse, i clinici ricercano l’efficienza e l’efficacia utilizzando un cemento semplice ma che resista nel tempo. I cementi convenzionali, per quanto semplici e rapidi da utilizzare, forniscono scarsa o nessuna adesione e di conseguenza in molti casi sono sconsigliati (6, 9, 14, 15, 19, 20). Un metodo semplice ma affidabile può essere l’utilizzo dei cementi resinosi autoadesivi (come PANAVIA™ SA Cement Universal, Kuraray Noritake Dental Inc.), che possono essere considerati la migliore alternativa alla cementazione adesiva tradizionale nelle situazioni meno critiche, il cui successo non dipende interamente dall’adesione (9, 15). Inoltre, i cementi resinosi autoadesivi non sono così dipendenti dalla tecnica e sensibili alle contaminazioni quanto i cementi resinosi tradizionali.





In genere, il cemento resinoso autoadesivo contiene il monomero fosfato MDP, necessario per legarsi chimicamente ai diversi substrati e consentire alla resina di instaurare il legame chimico con metalli non preziosi, zirconia e anche con la sostanza dentale. Tuttavia, nonostante l’utilizzo del cemento autoadesivo, per l’adesione alle ceramiche a base di silice (come la leucite, il silicato e il disilicato di litio), alle ceramiche ibride e ai restauri in composito, è ancora necessario l’uso di un agente di accoppiamento separato come il silano.

Di recente, è stato introdotto sul mercato un cemento resinoso autoadesivo unico nel suo genere (PANAVIA™ SA Cement Universal, Kuraray Noritake Dental Inc.) nel quale, grazie a una nuova ed esclusiva tecnologia di produzione, viene integrato un agente accoppiante silanico (silano a catena carboniosa lunga (LCSi). In questo modo si ottiene un vero e proprio sistema adesivo universale, che elimina del tutto la necessità di altri agenti adesivi o primer, utilizzabile per tutti i tipi di substrati, inclusa la ceramica vetrosa. In questo modo il processo di adesione può davvero essere ridotto a un unico passaggio.

Questo esclusivo cemento riunisce in sé i diversi benefici offerti dalla cementazione adesiva e la semplicità procedurale della cementazione convenzionale, senza compromettere il successo clinico, indipendentemente dal tipo di materiale utilizzato per il restauro.

 

In conclusione, la cementazione adesiva offre maggiori vantaggi di quella convenzionale, dal punto di vista della ritenzione, dell’estetica, della stabilizzazione del dente e del restauro e da quello della prevenzione delle micro-infiltrazioni (6, 9, 14-17, 19, 20, 25, 26) (Tabella 1). Inoltre, la cementazione adesiva non presenta contraindicazioni assolute, se non l’ipersensibilità ai monomeri del metacrilato, in quanto i cementi resinosi autoadesivi possono essere utilizzati anche nei casi in cui i cementi resinosi adesivi non sarebbero indicati, a causa dell’impossibilità di evitare contaminazioni (Tabella 2). Il risultato è che la cementazione adesiva può di regola essere utilizzata in tutte le situazioni cliniche in cui l’uso della cementazione convenzionale presenta dei limiti (Tabella 3).

 

Dentisti:

Prof. Dr. Florian Beuer
Titolare di Cattedra e Direttore del Dipartimento di Odontoiatria Protesica, Odontoiatra Geriatrica e Disturbi Craniomandibolari, Ospedale Universitario della Charité, Berlino, Germania.

 

Dr. Adham Elsayed
Responsabile Clinico e Scientifico, Kuraray Europe GmbH, Hattersheim, Germania.

 

Riferimenti bibliografici:

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3. Gilboe DB, Teteruck WR. Fundamentals of extracoronal tooth preparation. Part I. Retention and resistance form. J Prosthet Dent. 1974;32(6):651-6.
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PANAVIA V5
PANAVIA SA Cement Universal
CLEARFIL CERAMIC PRIMER PLUS